IL DOLORE LOMBARE: PROPOSTA DI UN PDTA

IL DOLORE LOMBARE: PROPOSTA DI UN PDTA

Premessa

I Percorsi Diagnostici, Terapeutici, Assistenziali (PDTA) rappresentano una contestualizzazione delle Linee Guida per specifiche patologie, in relazione all’offerta sanitaria presente sul territorio e ai Livelli Minimi di Assistenza (LEA) emanati dal Governo.

I percorsi vedono coinvolti, come primo contatto del paziente, i Medici di Medicina Generale (MMG) o, più raramente, il Medico di Pronto Soccorso (MPS) e, successivamente, uno o più specialisti.

Il Dolore, in quanto sintomo di patologie degenerative e/o infiammatorie che coinvolgono tessuti diversi, vede coinvolti numerosi specialisti come dimostrato dai PDTA creati sia a livello di organismi regionali (es.: PDTA Low Back Pain regione Toscana Sud Est, 2017)1 che da associazioni di specialisti (es.: PDTA Mal di Schiena Fondazione Don Gnocchi, 2006)2. Questi PDTA sono multispecialistici ed indirizzano i pazienti in un iter dove vengono citati i ruoli rispettivi dei vari specialisti ma non viene approfondito in maniera adeguata il compito dei singoli.

L’attuale PDTA ha lo scopo di identificare il ruolo del medico che opera in un’Unità di Terapia del Dolore di I e/o II livello nell’ambito della rete di Terapia del Dolore.

Quando il paziente con mal di schiena e/o dolore radicolare deve essere inviato ad un Centro di Terapia del Dolore

Il 70-80% della popolazione soffre di mal di schiena nel corso della vita. Le probabilità aumentano tra 35 e 55 aa. Il dolore lombare è la 2° maggiore causa di visita medica, 5° per ricovero ospedaliero, 3° per chirurgia3.

Il paziente con dolore alla regione lombare (area del dorso compresa tra i margini costali e le pieghe glutee) e/o dolore irradiato agli arti inferiori viene valutato dal MMG o dal MPS (in caso di dolore molto intenso e importanti limitazioni funzionali) che impostano una terapia analgesica ed antinfiammatoria basata su una prima ipotesi diagnostica rispetto ai meccanismi patogenetici coinvolti (es.: patologia infiammatoria radicolare – FANS, oppioide debole +/- paracetamolo, eventualmente cortisonico; patologia muscolare da sovraccarico e contrattura – miorilassante, paracetamolo +/- oppioide debole). In caso di risoluzione in tempi brevi della sintomatologia dolorosa, o discreto controllo del dolore con i farmaci, è utile valutazione fisiatrica per kinesiterapia ed educazione su stili di vita al fine di prevenire ulteriori riacutizzazioni.

In caso di persistenza di dolore di intensità elevata (> 5 NRS) e/o importanti limitazioni funzionali, escluse eventuali “red flags” (vedere Tabella da PDTA Regione Toscana, 2015)4 è utile valutazione urgente presso Centro di Terapia del Dolore per aggiustamento terapeutico, approfondimento diagnostico clinico, eventuale indicazione ad approfondimento diagnostico strumentale (in questa fase solo per ipotesi di red flags) e programmazione di tecniche antalgiche infiltrative.

In caso di dolore discretamente controllato dai farmaci e da terapie fisiche, ma che persiste nel tempo (cronico >3 mesi, ICD-11)5, è utile una valutazione presso Centro di Terapia del Dolore1,6 per approfondimento diagnostico clinico (mal di schiena definito “aspecifico” in assenza di una diagnosi), eventuale indicazione ad approfondimento diagnostico strumentale (qualora il paziente non abbia già effettuato indagini radiologiche) e programmazione di tecniche infiltrative a scopo diagnostico e terapeutico. La terapia farmacologica può essere adeguata in modo da migliorare l’analgesia fino a che la causa del dolore non sia stata individuata ed adeguatamente trattata.

La valutazione di Terapia del Dolore deve sempre precedere la valutazione chirurgica (ortopedica o neurochirurgica) a meno che non siano presenti segni di grave compromissione neurologica che diano indicazione ad intervento urgente7.

Il ruolo dello specialista (esperto) in Terapia del Dolore

Compito dello specialista in Terapia del Dolore è quello di individuare il/i pain generator/s che in ogni paziente causano la sintomatologia dolorosa al fine, se possibile, di rimuoverli o comunque di modulare le afferenze nocicettive.

 

Nel caso del mal di schiena e/o dolore radicolare (il dolore radicolare può essere presente anche senza il mal di schiena), escluso il dolore riferito da lesioni viscerali (vedere Tabella precedente), le possibili cause di dolore sono8 (escluse patologie neoplastiche).

  • Dischi intervertebrali: patologie degenerative e/o infiammatorie, patologie infettive.

  • Articolazioni zigo-apofisarie: patologie degenerative e/o infiammatorie che coinvolgono la capsula articolare, le strutture endoarticolari, le strutture ossee.

  • Articolazioni sacroiliache: patologie degenerative e/o infiammatorie che coinvolgono la capsula articolare, le strutture endoarticolari, le strutture ossee.

  • Legamenti: legamento giallo per ipertrofia, legamento longitudinale posteriore per processi flogistici secondari a patologia discale, legamento interspinoso per patologie flogistico-degenerative (sindrome di Baastrup), legamenti ileo-lombari.

  • Dura madre e aracnoide: patologie infiammatorie spesso secondarie a patologie discali.

  • Vertebre: fratture spontanee o traumatiche, spondilolisi, difetti congeniti.

  • Bacino: fratture spontanee o traumatiche.

  • Muscoli: patologia della muscolatura paravertebrale, sindrome del piriforme, instabilità di colonna (coinvolge anche articolazioni e legamenti).

  • Radici e midollo: patologie compressive con ipossia temporanea (stenosi del canale o del forame di coniugazione) o lesioni di fibra e/o patologie infiammatorie con lesione di mielina e genesi ectopica degli impulsi.

  • Etiologie iatrogene: presenza di mezzi di sintesi con reazione infiammatoria circostante; fibrosi post-chirurigca dei tessuti molli endo e perirachidei.

Anamnesi

Benché la raccolta dell’anamnesi del paziente, in associazione all’esame obiettivo, alle indagini radiologiche e neurofisiologiche può portare alla diagnosi corretta della causa del mal di schiena non radicolare solo nel 15% circa dei pazienti9, la storia del paziente ci può far sospettare alcune red flags, quali:

  • frattura vertebrale in paziente anziano con storia di osteoporosi, comparsa di dolore improvviso ed intenso al carico anche senza storia di trauma, assunzione di corticosteroidi per lungo tempo;

  • lesione ossea secondaria in paziente con anamnesi di neoplasia, presenza di dolore al carico;

  • patologia infettiva in paziente con dolore intenso che limita il carico ma presente anche a riposo, con febbre.

 

Alcune modalità di insorgenza del dolore sono caratteristiche:

  • il dolore al rachide lombare inferiore e/o arti inferiori che compare e si accentua con la deambulazione e scompare quando il paziente si siede o cammina con supporto anteriore è caratteristico della stenosi del canale;

  • il dolore che compare di notte dopo immobilità prolungata e si accentua con i primi movimenti è caratteristico delle patologie infiammatorie/degenerative che interessano le articolazioni, i legamenti, i muscoli e i tendini;

  • il dolore che compare o si accentua con la stazione eretta protratta o la posizione seduta è tipico della patologia discale.

Esame obiettivo

Alcune manovre o valutazioni possono suggerire l'origine del dolore da particolari strutture del rachide ma sono poco specifiche. La distribuzione del dolore difficilmente ci permette di discriminare il tessuto di origine perché il dolore riferito dalle diverse strutture del rachide e dalla muscolatura presentano patterns simili al dolore radicolare.

  • Nella patologia discale possono essere presenti dolore all'estensione (estensione in due tempi dopo flessione), dolore alla pressione sulle spinose corrispondenti, sensibilità alla vibrazione applicata alle spinose.

  • Nella patologia delle articolazioni zigoapofisarie sono presenti dolore ai movimenti di flesso/estensione e rotazione del tronco, dolore e rigidità mattutina, dolore alla pressione delle regioni paravertebrali10. Il dolore è riferito con patterns variabili che possono interessare la regione lombare, le regioni glutee e addominali inferiori e gli arti inferiori.

  • Nella patologia delle articolazioni sacroiliache sono presenti dolore e rigidità ai primi movimenti del mattino, dolore alla flessione del tronco, dolore alla mobilizzazione passiva del bacino (manovre specifiche: Gaenslen's, Yeoman,s, Patrick's, Gillet,s, sacro-iliac shear tests11), dolore alla pressione del margine dell’articolazione. Il dolore può essere riferito alle regioni glutee, trocanteriche, inguinali e alla faccia postero-laterale degli arti inferiori.

  • Nella patologia dei legamenti, i segni clinici son variabili, in base al legamento interessato: i legamenti endorachidei vengono stimolati dai movimenti di flesso-estensione del tronco; i legamenti ileo-lombari dai movimenti di rotazione e flessione, dolorabilità alla palpazione; nella patologia dei legamenti interspinosi (sindrome di Baastrup) sono presenti dolore al carico, migliorato dalla flessione e aggravato dall’estensione, dolore alla pressione delle spinose interessate.

  • Il dolore vertebrale viene evocato dal carico e dalla pressione sulle spinose dei segmenti interessati.

  • Il dolore di origini muscolare ha una semeiotica caratteristica che varia in base si muscoli interessati; i punti trigger possono essere palpati e sono dolenti alla pressione. La distribuzione del dolore riferito può ricordare il dolore radicolare. Si ricordi che spesso, una patologia che interessa la radice causa contratture secondarie dei muscoli innervati dalla radice e che patologie scheletriche possono evocare contratture secondarie finalizzate a stabilizzare la colonna.

  • La presenza di una lesione nervosa si manifesta con sintomi e segni caratteristici ma è la valutazione delle alterazioni sensitive e motorie che ci permette di porre diagnosi. La presenza di soli sintomi positivi, dolore, parestesie, disestesie, crampi può indirizzare verso una patologia che coinvolge le radici pur in assenza di lesione (patologia infiammatoria con abbassamento della soglia, ad esempio, segno di Lasegue, o patologia ischemica temporanea come nella claudicatio neurologica).

Esami strumentali

Benché gli esami strumentali siano in grado di dimostrare diverse alterazioni a carico delle strutture del rachide, dei tessuti molli circostanti o dei visceri, sono utili solo per confermare un'ipotesi diagnostica e la diagnosi non può prescindere dalla valutazione clinica.

La richiesta di un'indagine strumentale nelle prime sei settimane di presenza di dolore lombare è motivata solo dall'esclusione di red flags, qualora sospettate. La richiesta di indagini strumentali deve sempre tener conto del rapporto costo-beneficio considerando la tecnica che meglio può dare le indicazioni necessarie: ad esempio, nel sospetto di frattura vertebrale, l'esame più rapido è un Rx ma l'assenza di infossamenti vertebrali significativi non esclude la presenza di microfratture e l'evidenza di cedimenti vertebrali non ci dà informazioni sulla persistenza di rimaneggiamento osseo, indicazione a procedura di vertebro o cifoplastica; l'esame più indicato è quindi RMN con sequenze STIR.

  • Radiografie: ci possono dare indicazioni sull'integrità delle strutture scheletriche (fratture, spondilolisi), su alterazioni posturali (scoliosi, listesi), su aspetti degenerativi.

  • TAC: dimostra le alterazioni anatomiche delle strutture ossee per cui risulta più precisa di RMN ma non dà informazioni sulle alterazioni metaboliche. Considerare l'esposizione a radiazioni ionizzanti.

  • RMN: in grado di effettuare valutazioni delle strutture ossee (meno precise di TAC) e dei tessuti molli; valuta modificazioni metaboliche dell'osso (Modic) e dei tessuti molli; in grado di valutare la presenza di alterazioni degenerative e infiammatorie discali.

  • Scintigrafia ossea: valuta alterazioni metaboliche, segni di flogosi, che interessano le strutture scheletriche.

  • Esami neurofisiologici: documentano la presenza di alterazioni neurologiche già rilevate dall'esame obiettivo.

 

Blocchi diagnostico/terapeutici

L'utilizzo di blocchi test permette di raggiungere una diagnosi di origine del dolore nell'85% dei pazienti con dolore al rachide9.

I blocchi antalgici hanno lo scopo di dimostrare (confermare) la sede (e i tessuti) di origine del dolore, scomparsa o riduzione del dolore > 50-70% durante l'effetto di anestetico locale, e i meccanismi patogenetici coinvolti, la risposta a cortisonico dimostra la presenza di un processo infiammatorio; in caso di risposta positiva all'anestetico (eventuale ripetizione con anestetico di diversa durata d'azione per escludere effetto placebo), l'assenza di risposta al cortisonico dimostra patologia meccanica più che infiammatoria. In caso di patologia prevalentemente infiammatoria, il blocco ha anche un significato terapeutico, talvolta di lunga durata.

L'esperto di Terapia del Dolore si avvale di una serie di blocchi diagnostico/terapeutici mirati alle specifiche strutture muscoloscheletriche e nervose della regione lombo-sacrale. Il percorso, ovvero la tempistica con cui vengono eseguiti i blocchi, si basa sulle ipotesi diagnostiche formulate nel corso della visita (vedere anamnesi, semeiotica, esami strumentali) e su criteri di progressione nella semplicità e sicurezza di esecuzione.

 

Infiltrazione di trigger point

Il trattamento dei trigger points si avvale di diverse metodiche ma, ai fini diagnostici, ovvero per verificare la modificazione della sintomatologia dolorosa, conviene eseguire iniezione di anestetico (+/-cortisonico) nel punto trigger.

 

Blocco delle articolazioni zigoapofisarie (e branca mediale)

La valutazione dell'origine del dolore dalle articolazioni zigoapofisarie può essere effettuata tramite infiltrazioni endoarticolari eco- o radioguidale (spesso periarticolari), o con il blocco delle branche mediali dei rami posteriori delle radici che decorrono tra processi articolari superiori e trasversi delle vertebre corrispondenti (su ogni trasverso decorre la radice del segmento più craniale). In entrambe i casi deve essere iniettato anestetico +/- cortisonico in quantità comprese tra 0,5 e 1 ml al fine di una maggiore precisione10.. La somministrazione di cortisonico sia a livello articolare che della branca mediale può avere effetto terapeutico prolungato in caso di patologia prevalentemente infiammatoria. La risposta positiva solo per la durata dell'anestetico identifica una patologia prevalentemente di natura degenerativa.

 

Infiltrazione dell'articolazione sacro-iliaca e suoi legamenti

Il dolore proveniente dall'articolazione sacro-iliaca può originare dalle diverse strutture che compongono questa complessa articolazione: tessuti intra-articolari, sinovia, cartilagine, osso subcondrale coinvolti nella spondiloartrosi; capsula articolare per patologia flogistico/degenerativa o instabilità; i legamenti, a causa di traumi o instabilità; le entesi per patologia flogistico/degenerativa.  Per questa ragione il blocco endoarticolare che interessa la parte inferiore del complesso articolare è significativo solo per le patologie che interessano i tessuti endoarticolari e la capsula. Il blocco può essere effettuato sotto controllo radioscopico o ecografico nei pazienti con ridotto spessore del pannicolo adiposo. Se il paziente riferisce un dolore che interessa soprattutto la parte più rostrale del complesso articolare può essere maggiormente efficace il blocco delle strutte legamentose del terzo superiore; questo blocco viene eseguito in maniera più precisa sotto controllo ecografico. in entrambe i casi l'effetto del cortisonico può dare un miglioramento del dolore di lunga durata e la risposta positiva a blocco anestetico è predittiva di indicazione a procedure di neuromodulazione o di stabilizzazione. Si tenga presente che la componente anteriore dell'articolazione è innervata da rami del plesso lombo-sacrale per cui potrebbe esserci un effetto solo parziale della neuromodulazione dei rami posteriori delle radici sacrali e L513.

 

Infiltrazioni dei legamenti extra-rachidei

Le strutture legamentose più frequentemente coinvolte nella genesi di dolore lombare con l'eventuale associazione di dolore riferito, sono i legamenti interspinosi, i legamenti ileo-lombari, i legamenti del sacro (sacro-coccigeo, sacro-spinoso, sacro-tuberoso). Questi legamenti possono essere raggiunti senza guida radiologica o con guida ecografica o radioscopica.

I legamenti intrarachidei, legamento longitudinale posteriore e legamento giallo possono essere raggiunti con blocco peridurale.

 

Blocco peridurale

Il blocco peridurale, con specificità diverse a seconda della modalità di esecuzione, ha lo scopo di trattare patologia infiammatoria radicolare ma anche di definire la sede di coinvolgimento radicolare da patologia infiammatoria e/o meccanica e, con l'iniezione di mezzo di contrasto, la presenza di alterazioni di diffusione del farmaco.

Il legamento longitudinale posteriore che può essere coinvolto da patologia flogistica di origine discale può essere raggiunto con blocco peridurale intraforaminale anteriore. Il legamento giallo che può andare incontro ad ipertrofia è coinvolto nella genesi di stenosi del canale e può essere interessato da patologia flogistica che interessa le articolazioni zigoapofisarie di cui costituisce la componente antero-mediale della capsula, può essere raggiunto con blocco peridurale interlaminare.

Il blocco peridurale intraforaminale anteriore permette anche blocco dell'innervazione posteriore del disco consentendo la diagnosi di dolore discogenico.

Il blocco peridurale permette quindi la diagnosi del livello e dei tessuti di origine della sintomatologia dolorosa e la diagnosi dei meccanismi patogenetici, quali presenza di patologia infiammatoria che abbassa la soglia dei nocicettori e rende più eccitabile il sito ectopico, o patologia puramente meccanica.

 

Discografia evocativa

La discografia evocativa ha l'obiettivo di confermare l'origine del dolore da uno specifico disco intervertebrale qualora la clinica e la diagnostica radiologica non siano dirimenti. La discografia si basa sull'iniezione di mezzo di contrasto iodato nel nucleo polposo con lo scopo di determinare la presenza di allodinia meccanica di nocicettori discali (normalmente non presenti oltre il terzo esterno dell'annulus): il dolore evocato deve corrispondere come sede a quello abitualmente percepito dal paziente. Altro obiettivo è la valutazione della presenza di fissurazioni dell'annulus contenute, o che raggiungono lo spazio peridurale. L'utilità della metodica è dubbia  perché non esclude l'indicazione a procedura intradiscale mirata a limitare la pressione sulla radice o la fuoriuscita di materiale discale causa di flogosi nello spazio peridurale. Vi è inoltre il rischio di provocare discite.

 

Tecniche mirate a risolvere la causa patogenetica

L'esperto di Terapia del Dolore si avvale di alcune tecniche che permettono di agire in maniera diretta su alcune delle cause che possono generare dolore assiale e/o radicolare.

 

Procedure intradiscali

Una volta escluse altre possibili cause di dolore assiale, il disco intervertebrale può essere trattato con diverse metodiche che hanno lo scopo di ridurre la pressione intradiscale (Decompressor) (esistono realmente quadri da iperpressione?) o nella sede di protrusione/ernia (laser), ridurre l'eccitabilità o modulare i nocicettori discali (laser, IDET, TDD, YesDisk, biacuplastica, Discogel), coagulare l'annulus limitando la fuoriuscita di materiale discale (IDET, TDD, YesDisk, biacuplastica), ridurre la protrusione discale richiamando acqua nel nucleo polposo (Discogel, Gelstix).

 

Periduroscopia con lisi delle aderenze

La periduroscopia ha uno scopo diagnostico, visualizzando direttamente lo spazio peridurale, e terapeutico tramite la separazione di aderenze sottili (periduroscopio, Fogarty, Resaflex) e il lavaggio dello spazio peridurale con soluzione fisiologica e l'iniezione mirata di farmaci con effetto antinfiammatorio. E' indicata nei pazienti in cui i blocchi peridurali eseguiti con tecniche opportune hanno dimostrato la presenza di un processo infiammatorio che risente in maniera positiva ma temporanea dell'effetto locale di cortisonico. Non è indicata nei pazienti con importanti aderenze post-chirurgiche14. La tecnica è indicata anche in caso di stenosi del canale dove la risposta temporanea a blocchi peridurali indica la presenza di una componente flogistica in associazione a quella meccanica.

 

Vertebtoplastica, cifoplastica

L'iniezione di cemento all'interno dei corpi vertebrali interessati da fratture traumatiche o spontanee per osteoporosi o secondarismi ha lo scopo di rendere le vertebre più stabili riducendo l'eccitabilità dei nocicettori presenti nel periostio e/o di modulare i nocicettori presenti nel midollo osseo.

 

Tecniche neuromodulative

Le tecniche di neuromodulazione permettono di limitare le afferenze nocicettive o la partenza ectopica di impulsi dalle sedi di lesione nervosa o a livello del ganglio della radice dorsale.

 

Neuromodulazione delle branche mediali

Se il dolore è stato dimostrato originare dalle articolazioni zigoapofisarie (blocchi selettivi) e la durata di effetto antinfiammatorio di cortisonico è limitata, vi è indicazione alle procedure di neuromodulazione delle branche mediali corrispondenti alle articolazioni interessate. La neuromodulazione può essere effettuata con radiofrequenza pulsata o continua (maggiore evidenza di efficacia) o criomodulazione12,15.

 

Neuromodulazione delle afferenze dalle articolazioni sacroiliache

Se il dolore è stato dimostrato originare dalle articolazioni sacroiliache (blocchi selettivi), e la durata di effetto antinfiammatorio di cortisonico è limitata, vi è indicazione a procedura di neuromodulazione delle afferenze sensitive dalle articolazioni tramite i rami dorsali delle radici sacrali ed L5. Le metodiche proposte sono diverse ma l'efficacia sembra comunque essere inferiore a quella della neuromodulazione delle branche mediali a causa dell'innervazione complessa delle articolazioni che ricevono fibre anche dai rami ventrali delle radici16.

 

Neuromodulazione a radiofrequenza dei gangli delle radici

In caso di dolore interessante una o più radici in cui i blocchi peridurali correttamente eseguiti diano risultato temporaneo, è indicata l'esecuzione di procedura di neuromodulazione a radiofrequenza pulsata dei gangli e/o delle sedi di intrappolamento (ectopia) delle radici spinali. La tecnica può essere eseguita con approccio dallo jato sacrale per le radici sacrali e ultime lombari, interlaminare per le radici cervicali e dorsali e intraforaminale per le radici lombari superiori (e dorsali inferiori).

 

Neurostimolazione midollare

In caso di patologia radicolare e, con minore evidenza di efficacia, assiale, dopo aver eseguito un percorso diagnostico/terapeutico che escluda la possibilità di intervento risolutivo sulla causa (o qualora questo sia controindicato per comorbilità), vi è indicazione a neurostimolazione midollare scegliendo tra le diverse modalità di stimolazione presenti attualmente sul mercato. Si tenga presente che le modalità non parestesiche ed in particolare l'alta frequenza (tra 1000 e 10000 Hz) hanno dimostrato una maggiore efficacia sul dolore assiale17, 18.

 

Neurostimolazione gangliare

Nei pazienti con dolore in regione lombare è stata dimostrata l'efficacia di stimolazione del ganglio delle radici L2, L319. La stimolazione gangliare può essere indicata anche in caso di lesione di 1 o poche radici qualora sia stata dimostrata l'accessibilità del forame con elettrocatetere.

 

Neuromodulazione farmacologica spinale

L'infusione spinale di farmaci può essere considerata come ultima opzione per il trattamento di pazienti che non abbiano risposto a tecniche meno invasive e non abbiano indicazione ad intervento chirurgico. Si deve tener presente che i farmaci oppioidi tendono a perdere efficacia nel tempo e a dare effetti collaterali mentre l'efficacia d altri farmaci, in particolare ziconotide è presente in pochi pazienti20, 21.

 

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Dott.ssa Laura Demartini

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