IL DOLORE CRONICO

CHRONIC PAIN

La IASP (International Association Study of Pain) definisce con il termine “cronico” il dolore che supera i tre mesi di durata perché vuole avvisare che quel paziente che avverte dolore da tre mesi è un problema sotto molteplici punti di vista.

per le istituzioni

L’aggettivo “cronico” aggiunto al termine dolore pone le istituzioni di fronte a:

  • Problema epidemiologico

  • Problema economico e sociale

  • Problema gestionale con la necessità di istituire un sistema di rete

per il medico curante

Va innanzi tutto precisato che non esiste una entità nosologica specifica o patologia clinica dietro il termine “cronico”, ma solo un aspetto riguardante la durata di una condizione di sofferenza.

Il termine “cronico” sottolinea pertanto la complessità del quadro clinico in cui è necessario distinguere due tipologie in base agli aspetti fisiopatologici:

 

Nella prima, le afferenze sensitive, che giungono dai tessuti (somato-viscerali e nervosi periferici), persistono nel tempo. La IASP chiama questi quadri con il termine di “Secondary Pain”. Può esserci una componente psicologica o una disabilità correlata ma è sempre evidente il rapporto tra lesione, dolore e sofferenza.

Il dolore persiste:

 
  1. Per mancata diagnosi
  2. Per impossibilità terapeutica
  3. Per patologie croniche sottostanti

Nella seconda, si sono sviluppati meccanismi, ancora poco definiti, nel sistema nervoso centrale (appartenenti agli ambiti sensoriali-discriminativi e affettivo-emozionali) tali da generare un quadro clinico in cui è difficile identificare il ruolo delle afferenze sensitive e la presenza di una lesione o malattia. La condizione di dolore  persiste per deficit dei sistemi inibitori, per mal-adattamento neurofisiopatologico in risposta ad imput sensitivi, o per condizioni di stress cronico. La IASP chiama questi quadri con il termine “Primary Pain”. Alla base di questi quadri sembra esistere una predisposizione su cui si sovrappongono fattori successivi che fanno precipitare il quadro clinico. Il termine “dolore malattia” viene spesso utilizzato per identificare queste forme di dolore cronico. Il dolore “nociplastico” viene utilizzato per identificare questa condizione fisiopatoloigica. Possiamo considerare il “Chronic Primary Pain” una vera entità nosologica specifica.

Possiamo considerare il termine “cronico” come un “allarme” per chi deve curare e gestire il paziente. allarme perche'?

Origine del dolore

è difficile capire la vera origine del dolore visti i fallimenti di colleghi precedenti (necessità di attuare una diagnosi algologica clinica e strumentale)

Terapia appropriata

è difficile trovare la terapia appropriata (necessità di combinazione tra terapie farmacologiche e mininvasive)

Terapia a lungo termine

è necessario impostare una terapia a lungo termine (necessità di un sistema di rete)

Aspetti della sfera psicosociale

è fondamentale identificare gli aspetti della sfera psicosociale (provvedere ad un sostegno psicologico o psichiatrico *)

Meccanismi patogenetici

è importante identificare i meccanismi patogenetici centrali ancora in parte sconosciuti (approfondire la fisiopatologia del dolore nel sistema nervoso centrale; siamo consapevoli che le attuali conoscenze di fisiopatologia riguardano la nocicezione dalla trasduzione, alla conduzione e alla trasmissione spinale e che poco sappiamo di come gli stimoli afferenti sono decodificati ed elaborati a livello del sistema nervoso sovra-spinale)

Gestione della disabilità

è necessario gestire la disabilità e la perdita del ruolo (provvedere a opportuna riabilitazione)

Primary pain

Per quanto riguarda la gestione dei pazienti con “Primary Pain” perché è necessario: A) disporre di test validi e utili alla loro identificazione onde evitare scelte terapeutiche inutili o addirittura dannose; B) Coordinare con il centro psichiatrico una presa in carico condivisa. Il Centro di Terapia del dolore ha la possibilità di identificare il paziente ma non le competenze per gestirlo.

in conclusione

Il dolore cronico "primary" è caratterizzato da sintomi fisici e psichici, da una ridotta qualità della vita, con interruzione delle attività quotidiane, da disagi psicologici. In questa categoria è sempre difficile identificare e distinguere il diverso ruolo giocato da fattori neurofisiologici, appartenenti al sistema nervoso centrale, piuttosto che quello giocato da fattori psicologici, che insieme creano un nuovo quadro di funzionamento del soggetto, dando origine a nuovi meccanismi di comportamento. Questi pazienti restano in cura ai servizi per anni senza trovare farmaci o soluzioni che possano permettere loro di gestire il dolore, la valutazione di tutti questi meccanismi che si sovrappongono e si influenzano tra di loro diventa critica, così come il trattamento, che non potrà che essere, in accordo con la visione bio-psico-sociale del dolore, di tipo multimodale. Un approccio di tipo multimodale permetterà di fornire un adeguato percorso di cura, di accogliere la complessità, il dolore e la sofferenza dei singoli. In un lavoro integrato le diverse figure di operatori (medici, psicologi, psichiatri, infermieri…) potranno creare una rete di supporto attorno al paziente, accolto nella sua unicità e specificità, proprio perché il dolore malattia ha a che fare con l’intero mondo del paziente e del suo modo di rapportarsi con esso.

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